Natale 2015. Dopo il classico pranzo con la famiglia, io e mio marito ci rechiamo all’aeroporto di Malpensa pronti per la nostra vacanza di Capodanno. Quest’anno abbiamo deciso di andare al caldo, e dopo aver tanto sentito parlare del “mal d’Africa”, abbiamo deciso di lasciarci contagiare anche noi, scegliendo come destinazione il Kenya.
Dopo circa 7 ore e mezza di volo, atterriamo a Mombasa alle 5 di mattina, dove un pulmino ci attende per il trasferimento in hotel. Tre ore di strade prevalentemente sterrate, durante le quali non posso fare a meno di osservare tutto ciò che mi circonda: in poco tempo il sole sorge e le strade si animano… persone lungo i cigli della strada, tra case e negozietti fatti di fango, legno e lamiere; camminano scalzi, alcuni sorridono, altri sono ancora assonnati. Dei ragazzotti girano in moto, tutte dello stesso modello. Altri guidano delle api Piaggio, ce ne sono tantissime.
Il mio primo pensiero? Mi sono sentita
ricca. Tutte le volte che ho pensato “mi piacerebbe avere questo o quello…” mi
sono sembrati futili capricci. Io ho già tutto. E anche
il superfluo. Ho un appartamento con luce, gas, riscaldamento, il frigo pieno,
un lavoro, tanti vestiti, una scarpiera con diversi tipi di scarpe da usare a
seconda delle occasioni, … cosa posso volere ancora?
E qui ho capito che l’Africa mi
stava già entrando nel cuore.
Arrivati a Watamu ci siamo sistemati nella nostra stanza. La struttura era graziosa, una piccola bomboniera all’interno di un parco marino. La sabbia bianca, il mare azzurro e fortemente influenzato dalle fasi lunari: la marea cambia più volte durante il giorno, e quando l’acqua si ritira si possono scoprire piccoli isolotti e la fauna marina nascosta in piccole pozze.
Una caratteristica delle spiagge del Kenya è rappresentata
dai “beach boys”.
Non appena metti
piede sulla battigia, ne vieni circondato. Sarai
seguito, quasi pedinato, riempito di discorsi sulle varie escursioni che potrai
fare con loro. Inutile dirti non interessato, loro ti racconteranno tutta la
storia della loro famiglia, ti inviteranno al negozio della sorella, al safari
che organizzano, alla gita in barca, al pranzo di pesce.
Si ricorderanno di te
durante tutto il tempo della vacanza e ti si presenteranno coi nomi più
improbabili: Giovedì, Mimmo, Alessandro, Harry Potter, Maldini, … non ti resta
che scegliere se affidarti a loro oppure all’albergo, come abbiamo fatto noi
per il safari di due giorni nel parco dello Tsavo Est.
Una jeep 7 posti è venuta a prenderci alla reception e in circa tre ore di strade - anche stavolta prevalentemente sterrate - siamo arrivati all’ingresso del parco.
Durante il tragitto, si passa per una lunga
strada di terra rossa, ai cui lati appaiono, correndo tra
la vegetazione, decine e decine di bambini,
tutti in attesa che passi la jeep per poter urlare il loro saluto “jambooo” ai turisti, col cuore
pieno di speranza che qualcuno, ogni tanto, lasci loro un vestitino, dei
pennarelli, o qualche dolcetto.
Un altro pezzo di Africa che ti si attacca alla
pelle.
Il safari è un’esperienza unica. Se si è fortunati, si riescono a vedere tantissimi animali, sia soli che in branco: elefanti, giraffe, zebre, gazzelle come se piovesse, babbuini, uccelli, ippopotami, leoni e leonesse coi cuccioli, e ancora animali dai nomi strani di cui si ignorava l’esistenza.
Grazie alla nostra bravissima guida, Alfonso
(altro nome tipicamente kenyota), siamo riusciti a vedere anche il ghepardo! Rarissimo da
avvistare, in quanto particolarmente schivo.
La notte abbiamo dormito al campo tendato di Satao, vivendo un’esperienza quasi magica. La cena viene servita su una veranda, mentre delle guardie “armate” di fionde tengono lontani gli animali molesti, lasciando invece avvicinare quelli più mansueti.
Tutto è avvolto dall’oscurità,
un fuoco è acceso vicino al ristorante, una torretta ti permette di osservare gli animali abbeverarsi alla pozza,
il cielo è un soffitto di stelle.
In Africa si sperimentano un buio e un silenzio mai provati… e si dormono sonni profondi, nonostante la possibile presenza di animaletti nella tenda.
La sveglia ovviamente è all’alba, quando si ha più possibilità di vedere animali, non essendo ancora troppo caldo, e quando il sole regala dei colori fantastici.
Si rientra così in albergo un po’ sballottati
dalle strade sconnesse ma felici e col cuore pieno di emozioni.
Prima di concludere la nostra vacanza, un’ultima esperienza: un passaggio con il tuk tuk fino alla spiaggia di Garoda.
Il tuk tuk altro non è che la nostra ape Piaggio, su cui si sale anche in 5 persone, tutte strette, e in 10 minuti circa raggiungiamo questa famosa spiaggia dalle acque cristalline.
Con pochissimi euro si noleggia una sdraio per tutto il giorno e con altrettanti pochi euro si può pasteggiare con frutta fresca, pesce o riso, e bere acqua, una bibita oppure succo di cocco.
La spiaggia è ventilata e si può praticare kite. Una fila di bancarelle ti costringerà a dei piccoli acquisti di souvenir.
E poi arriva inesorabilmente anche lui, il
giorno del rientro.
Cosa ricorderai del tuo viaggio in Kenya:
– i colori del cielo, della terra, dei tramonti,
del mare, degli abiti, …
– i beach boys onnipresenti
– gli sguardi e i sorrisi dei bambini, le loro
canzoni, i loro giochi, i loro saluti
– gli animali
Cosa non puoi perdere nel tuo viaggio in Kenya:
– fare almeno due giorni di safari, dormendo all’interno di
un campo tendato (esperienza unica!)
– farti dare un passaggio in tuk tuk
– esplorare il fondale durante la bassa marea
per scoprire tesori nascosti
Ringrazio le persone che hanno condiviso con noi questa vacanza, partendo da Laura, Massimo e i loro ragazzi, che hanno condiviso con noi la jeep del safari; Guri, Guido e i loro bellissimi bambini, anche loro al safari con noi; Annalisa e Luca per l’esperienza sul tuk tuk; i ragazzi dell’animazione del Blue Bay per aver allietato le nostre giornate e serate, e per aver organizzato una piacevolissima festa di Capodanno; il direttore del Blue Bay per la sua presenza costante.
E il nostro agente di viaggio Max, per averci consigliato
bene anche questa volta!
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